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Heidiland: l’ industria delle emozioni

Il mio primo viaggio da sola, e per sola intendo la mancanza dei miei genitori al mio fianco, è paragonabile a quello dei Grandturisti del Settecento, all’ insegna della peregrinatio accademica fomentata dalla grande voglia di divertimento, esplorazione e paragone, in un tutto che da adolescente poco riesci a comprendere.
Quest’ immaginario del viaggio ha accompagnato i miei diversi viaggio-studio fatti all’ estero, per poi andarsi a sostituire ad un’ altra concezione del viaggio che è entrata nella mia mente nel momento in cui mi sono messa in treno con un biglietto InterRail con l’ intenzione di girare l’ Europa, alla quale va aggiunta la realizzazione completa.

Svegliarsi ogni giorno in luoghi, città con lingue, tradizioni, costumi, modi di fare, stili di vita differenti è un’ emozione assurda, non comprensibile per chi non l’ ha mai provata, e dunque diversa da persona a persona, in questo caso un’ emozione “solo mia”

Diversi sono i viaggi che io successivamenti ho fatto, ma nessuno dei quali a livello emozionale è ad esso paragonabile.

Quando ho detto che Heidiland non è una semplice meta turistica , mi riferivo proprio a questa sua qualità emozionale che prevale su quella aziendale in maniera quasi antitetica.
I suoi obiettivi oltre a quelli di offrire un’ alta e vasta qualità di servizi in un ambiente del tutto naturale, vanno a far leva su qualcosa di molto più profondo, che va oltre il semplice divertimento con la voglia di godere di una realtà diversa o fuggire per un determinato periodo dalla vita quotidiana.

Heidiland ed Heididorf sono l’ emblema di quella forma del turismo emozionale che negli ultimi anni si è andato via via sviluppando.

Influenzare il consumatore in base alle qualità aziendali non è lo scopo di questa regione, essa mira a qualcosa di ben piu diverso: migliorare ed offrire qualità prettamente emozionali. Ed è qui che alla vendita di prodotti si sovrappone-anzi sostituisce-la vendita di emozioni, che fa dei luoghi la vera industria di questa merce.

L’emozione sottoforma di merce, è questo il termine che io utilizzo per descrivere Heidiland; del quale attualmente si sono appropriati tutti i settori dell’ economia che giorno dopo giorno , ci fanno da luogo, da terreno.

Vendita di emozioni, è un termine per me un pò ambiguo, che da una parte riduce il valore dell’ emozione intesa come un qualcosa di individuale, soggettivo che si manifesta in modi e maniere differenti ma uniche, non vendibili e non riproponibili e dall’altra conferisce ai “luoghi” la capacità, la voglia ma più che altro l’ obiettivo di produrre l’ astratto..il personale.

I luoghi divengono i costruttori di forme emotive.

Nel mio InterRail le emozioni più profonde, e che ancora ricordo con lo stesso brivido, le ho provate soprattutto in quei luoghi non “ancora” contaminati da questa mercificazione.

Per ulteriori approfondimenti su questo argomento rimando ad un articolo pubblicato su Golem l’indispensabile, rivista online, scritto da Roberta Bartoletti.

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